I cammini negli ultimi anni sono diventati un’esperienza condivisa da un numero sempre crescente di persone.
È una forma di turismo lento di cui se ne sente parlare sempre più spesso ormai, tanto che i programmi in tv dedicano servizi e rubriche sull’argomento, diversi quotidiani riportano esperienze di viaggio lungo antiche Vie di pellegrinaggio e i social diventano una sorta di tecnologico diario di viaggio dove raccontare e condividere la propria esperienza, arricchita da foto e video giorno per giorno.
Il fascino di queste esperienze è evidente nei racconti delle persone che hanno avuto modo di intraprenderle. Difficile non farsi coinvolgere dalla passione che ogni “pellegrino” trasmette nel momento in cui ne parla. Nel racconto parlano gli occhi e il corpo, la voce diventa contorno.
La gente di ritorno da un Cammino ha una luce diversa.
È energia pura.
Ma i cammini e le esperienze di viaggio in modalità lenta sono esperienze particolari e fuori dal comune. Richiedono, a chi le intraprende, una grossa dose di coraggio perchè imbattersi in problemi sempre diversi, camminare chilometri con uno zaino pesante sulle spalle, il sole che brucia, la sete e la fame che si fanno sempre sentire, non rappresentano una semplice passeggiata.
Ecco perchè si dice che i Cammini sanno essere amici e nemici allo stesso tempo. Sono gioia e dolori.
E quindi quali sono le reali motivazioni che spingono ad affrontare esperienze simili?
Cosa affascina realmente di un Cammino?
Perchè partire?
A queste domande è difficile dare una risposta univoca in quanto le motivazioni di fondo di una partenza possono essere diverse.
Ognuno ha la propria e per ognuno differente.
Intraprendere un Cammino il più delle volte è una maniera per mettersi alla ricerca di qualcosa e molto spesso quel qualcosa la si riscopre dentro se stessi camminando.
In un mondo frenetico che ormai corre veloce, rallentare diventa quasi un’esigenza. Allo stesso tempo, camminare immersi nella natura riporta al concetto di lentezza, dove i sensi riprendono vita e il corpo ne percepisce immediatamente i benefici.
Si può quindi partire perchè ci si ritrova in un momento particolare di vita e si necessita di nuove sensazioni che riportino stimoli al proprio quotidiano; per colmare un vuoto che nuovi incontri e nuove esperienze possono provare a riempire; si parte perchè si è perso il lavoro e fare chiarezza nella propria testa diventa un’esigenza primaria; perchè una relazione è finita o si parte perchè si è perso qualcuno e il Cammino è una maniera coraggiosa di dare una scossa e prendere forza per andare avanti; o più semplicemente si parte per curiosità e fame di conoscenza, perchè si scopre che viaggiare con lentezza, attraverso paesi e regioni, è forse più arricchente di un libro; o per fede e per devozione, principali motivazioni che hanno dato linfa alle vie di pellegrinaggio sin dal medioevo.
Ognuno la propria, ognuna differente.
Di fondo però alle diverse motivazioni c’è la volontà di mettersi sicuramente in gioco e, perchè no, di affrontare i propri limiti. Le proprie paure.
Crescere attraverso le esperienze.
È una grossa prova di coraggio mettersi in cammino, ma se si affronta la sfida con rispetto e dedizione se ne esce arricchiti.
È una metafora di vita a tutti gli effetti.
Insegna a dare effettivo valore alle cose e ad affinare i sensi, particolari che nell’epoca in cui viviamo non sono affatto scontati.
Ma le motivazioni non si esauriscono alla sola partenza. Prendono corpo anche al ritorno, quando il viaggio è terminato ed i ricordi prendono la forma delle certezze. Piccoli gesti in cammino da custodire gelosamente come insegnamenti rari.
Si impara a dare valore alle chiacchierate con la gente del posto di piccoli paesi di campagna; si apprezza l’energia nel vivere ogni giorno in funzione della luce del sole; cibarsi di frutta appena colta; l’importanza del silenzio e della solitudine, per molti la lezione più importante; confrontarsi con gente proveniente da ogni dove, che parla lingue diverse, in grado di regalare gli abbracci e i sorrisi più belli; emozionarsi sotto la pioggia.
Assumono valore anche gli angoli più remoti di un luogo, delle persone, di un paesaggio, visto che arrivare a confrontarsi con queste ha richiesto tempo, fatica e tutto il nostro coraggio.
E poi l’importanza dell’essenziale.
Affrontare un cammino con un solo zaino nel quale riporre tutto il necessario per sopravvivere per settimane è qualcosa di fortemente costruttivo. Si impara a dar peso alle cose realmente importanti e a mettere da parte il superfluo.
In chiave metaforica è forse la lezione più preziosa.
Risiede forse qui la potenza di esperienze simili.
Cambia l’approccio, cambia la maniera di vedere le cose. Si parte in un maniera e si ritorna in un’altra.
Perchè il mondo rimane uguale, la vita prima del cammino è sempre li ad attendere e non è cambiata di una virgola, ma la percezione di chi ritorna si, tanto che la quotidianità la si affronta da un’altra prospettiva.
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Forse sono questi alcuni dei “perchè” che rendono esperienze simili uniche nel loro genere. A differenza di un classico viaggio, si ritorna arricchiti. Anche l’autostima ne esce rinvigorita. Lo si percepisce col tempo. Il cammino è una scelta di vita di cui si prende consapevolezza poco alla volta. Mai dargli fretta.
È sempre importante però avere un approccio sincero con se stessi, capire le reali motivazioni che spingono ad intraprenderlo, dare loro un nome ed affrontarle. Il cammino mostra la sua grandezza nel momento in cui ci si rende disponibili ad affrontare appunto noi stessi.
Ecco perchè si dice che la meta conta in parte, è il percorso la vera rivelazione. Sicuramente il percorso fatto con le gambe è importante, ma soprattutto lo è quello interiore.
Di gran lunga il cammino più impegnativo.
Quindi se siete in dubbio e vi starete chiedendo ancora “perchè partire?” magari fareste meglio a chiedervi “perchè no?”.
Fonte: A Passo Lento